mercoledì 12 giugno 2013

Ma allora non avevano capito?



 Questo commento è dedicato in presa diretta sul risultato elettorale delle recenti elezioni amministrative ad urne appena chiuse.
(fonte immagine:www.wikipedia.org)
E non viene dedicato all’esito nella singola città o provincia in competizione. Quanto viene dedicato al quadro politico d’insieme che ne emerge, e che riassume in sé anche i singoli risultati territoriali.
Dunque, diamo per evidente che hanno prevalso i candidati riconducibili al Pd. E diamo tranquillamente anche per acquisito che fossero dei bravi candidati in cui si è riconosciuto in prevalenza l’elettorato che ha votato.
Dato però <a Cesare quello che è di Cesare>, cioè <al Pd quello che è del Pd>, una domanda si propone al centro di questa riflessione.
Poiché le elezioni, di ogni livello, sono <la voce> vera della Democrazia, questo post si propone una domanda essenziale per chiunque voglia essere un cittadino attivo sul piano politico sociale: quale è il messaggio di fondo che reca nel suo complesso questa tornata amministrativa elettorale?
E sono soltanto risultati relativi alle singole amministrazioni locali interessate, o in questo stesso voto risulta esservi anche un messaggio di fondo inviato dall’elettorato nel suo complesso?


Per provare a darci delle possibili risposte, la  cosa migliore appare tentare di vedere se vi siano, e nel caso quali, aspetti caratterizzanti l’intero insieme di questa tornata elettorale.
A ben guardare alcuni aspetti paiono caratterizzare l’esito della intera consultazione; e renderla per questo assai più omogenea di quanto già non appaia.
Quali appaiono dunque gli aspetti che sembrano caratterizzare, e unificare, questa intera ultima consultazione elettorale amministrativa?

A ben vedere appaiono essere questi:
-       il Pd conquista 17 su 17 capoluoghi dove si è votato;
-       - il Pdl perde in tutte le 17 amministrazioni locali interessate;
-       - quasi il 53% degli aventi diritto al voto non si sono recati a votare;
-      -  il Movimento 5 Stelle di Grillo, crolla rispetto ai livelli di consenso che aveva conquistato;


Apparentemente, ma soltanto apparentemente, ciascuno di questi aspetti appena richiamati potrebbe indurre nella tentazione di spiegarlo con la natura locale della consultazione elettorale.


Ma se guardiamo bene possiamo invece ragionevolmente concludere che una simile eventuale giustificazione dell’accaduto non tiene.

E perché risulta che non tiene ricondurre tutto ad una eventuale esclusiva motivazione territoriale?

Non tiene perché gli aspetti appena presi in considerazione risultano omogenei sull’intero insieme dei territori interessati dalle votazioni.
E se degli aspetti che hanno caratterizzato le ultime elezioni amministrative risultano uniformi sull’intero <campione> elettorale, pare potersi tranquillamente dire che non si tratta di fenomeni locali. Ma che piuttosto si tratti di un messaggio omogeneo a valenza nazionale.
Infatti, se in una consultazione amministrativa l’esito risultasse a <macchia di leopardo> come si usa dire, cioè una cosa qui e una cosa magari opposta là, e come spesso accade in consultazioni elettorali amministrative, non vi sarebbe difficoltà a concluderne che sull’esito abbiano dominato aspetti e motivazioni strettamente legate alle dimensioni territoriali interessate.

Del tutto diverso invece appare se, da Treviso alla Sicilia, passando anche per Roma, vedi manifestarsi dominanti i medesimi fenomeni caratterizzanti in tutti i territori interessati dal voto.
Allora diviene impossibile non concludere che si tratti di <fenomeni> con valore nazionale; e che il messaggio omogeneo inviato dall’elettorato contenga anche aspetti molto ma molto più ampi. 
Appunto nazionali.
E tanto per rendere meglio l’idea, non appaiono esservi molti dubbi che, stante la vastità del campione elettorale, e la uniforme sua distribuzione sull’intero territorio nazionale, chi dispone degli strumenti per ricavarne anche <scientificamente> un sondaggio presumibilmente non avrebbe grandi difficoltà a farlo e ritenerne anche gli esiti del tutto attendibili. Dal momento che nessun sondaggio eventuale opera su un campione reale così ampio.

Ma allora, cosa ci dicono, e con valenza nazionale, gli aspetti richiamati della recente consultazione amministrativa? 
Ci dicono che il messaggio recato appare squisitamente politico nazionale, anche se confezionato in un involucro di apparente sola esclusiva consultazione amministrativa locale.

E cosa conforta per giungere ad una simile conclusione?
Proprio quei medesimi aspetti salienti e che adesso assieme proveremo infatti a vedere meglio.

E intanto osserveremo per primo non il <vincente>; quanto piuttosto il <miglior> perdente in questa consultazione elettorale. In quanto appare assai più significativo il risultato del Pdl (Popolo della Libertà), di quello dello stesso Pd (Partito Democratico).
 Il Popolo della Libertà.png
(fonte immagine: www.wikipedia.org)

Che si intende dire?
Esattamente quello che è successo: 
il Pdl risulta infatti aver perso 17 confronti su 17.
E già da qui, qualcosa risulta non tornare, rispetto ad una riflessione solo a valenza amministrativa.
Poniamo infatti, e non è impossibile affatto, che il Pd abbia proposto ovunque dei propri buoni candidati. Benissimo. Ma qualcuno potrebbe pensare che il Pdl, in tutte e diciassette le competizioni nei capoluoghi dove si è votato, abbia schierato sempre ed ovunque solo delle proprie <scartine> nel confronto elettorale? Qualcuno potrebbe ragionevolmente concludere che in nemmeno una delle competizioni in palio, ci fosse almeno un discreto candidato del Pdl?
Chi scrive non se la sentirebbe di dirlo; non solo a lume di ragione, ma anche per il calcolo delle probabilità. Infatti, una sconfitta per 17 a zero, più che il <valore> degli eventuali candidati territoriali, pare piuttosto esprimere un giudizio negativo elettorale sul Pdl in quanto tale.
Perché fare zero è molto complicato; più di quel che appaia. E non a caso risulta che il Totocalcio, in tempi ormai remoti, premiasse non solo il 13, ma anche lo zero risultati indovinati in schedina….

Ma in tal caso, quale sarebbe stato il plausibile motivo di un simile omogeneo rigetto del Pdl in quanto tale e  da parte del suo stesso precedente elettorato reale e potenziale?

La plausibile ragione che appare avere unificato il giudizio elettorale sopra il Pdl nel suo complesso, e che risulta aver travalicato la stessa figura del candidato territoriale da Treviso alla Sicilia, appare un giudizio omogeneo <politico> nazionale: 
l’elettorato del Pdl risulta aver rigettato in blocco la attuale politica nazionale del Pdl stesso, cioè la politica di governo attuale.

Considerazione estemporanea senza alcun sostegno ulteriore? Mica tanto.

Ci ricordiamo come erano andate le ultime elezioni amministrative precedenti e che hanno interessato soprattutto la Sicilia circa un anno fa, e non solo Sicilia?
Il Pdl vi prese una batosta enorme elettorale, intesa unanimemente come ripulsa della politica nazionale del medesimo Pdl in sostegno al governo Monti.
Risultati quelli, allora del Pdl, che pressoché tutti i commentatori, e soprattutto anche la stessa dirigenza del Pdl, interpretarono infatti come un risultato da <disaffezione> del proprio elettorato rispetto alla politica nazionale del partito. E interpretandolo anche come una precisa diffusa intenzione del medesimo elettorato di inviare un proprio messaggio territoriale ma a valenza nazionale.

E cosa accompagnava quella scelta di plateale protesta elettorale a valenza nazionale in occasione delle elezioni amministrative di un anno fa circa?
La accompagnava un contemporaneo collocarsi di elettorato, in prevalenza già Pdl, nell’astenersi dal recarsi a votare.
Ci si ricorderà infatti  come la Sicilia si  caratterizzò allora   per una astensione dal voto superiore al 50% degli aventi diritto. E più o meno lo stesso accadde su scala nazionale.

Tutti d’accordo, allora, commentatori, dirigenza nazionale Pdl e finanche Berlusconi: il nostro elettorato precedente ci ha lasciato per esprimere totale dissenso e contrarietà alla nostra politica nazionale di appoggio al governo Monti ed alle sue decisioni economico sociali.
E tanto netta e convinta risultò quella valutazione del voto amministrativo territoriale, che condurrà infatti Alfano nel novembre dello stesso anno a ritirare la fiducia in parlamento al governo Monti per provare ad inseguire quel proprio elettorato passato al non voto. E condurrà poi lo stesso Berlusconi ad una campagna elettorale mediatica tutta contro il governo Monti e le sue scelte: fondata sul <non pensavo che facesse questo, ora che son tornato…, però cambiamo tutto…; intanto, via Imu tassa super odiata, e poi sviluppo>.

E questi restano fatti della politica nazionale recente, ed indotti dalla valutazione su scala nazionale di un risultato elettorale amministrativo anche se assai parziale.

E adesso, ad urne elettorali amministrative scrutinate, come ci troviamo?
Col Pdl espulso da tutte le competizioni elettorali; ma anche con il NON VOTO tornato a circa il 52% degli aventi diritto.
Possiamo dire dunque che dalla ultima tornata amministrativa elettorale sia riemerso lo stesso preciso messaggio nazionale già di un anno fa in Sicilia e non solo? Pare proprio che possiamo.

E perché riteniamo che possiamo?
Perché la situazione politica e governativa nazionale di oggi risulta, se possibile, ancora peggiore di un anno fa per il Pdl: 
in quanto, pur senza prevenzione, ma stando ai meri fatti, si può tranquillamente dire che il Pdl, e quindi lo stesso Berlusconi che ne è il dominus anche attuale, abbiano TOTALMENTE TRADITO E DISATTESO la loro stessa campagna elettorale politica del trascorso febbraio.

Cosa contestava infatti radicalmente quel crollo elettorale amministrativo del Pdl e il contemporaneo parallelo gonfiarsi oltre misura del NON VOTO?

Quell’elettorato precedente censurava, a quel modo, l’avere il Pdl lasciato insediare, e poi anche appoggiato in parlamento, il governo di Monti
Del quale Monti ne contestava le politiche economiche e fiscali con la scelta conseguente, e intenzionale, di condurre l’intera nazione in recessione.
La forsennata campagna elettorale di Berlusconi, come si diceva, si sarebbe pertanto tutta concentrata sul provare a far ritenere che anche lui fosse stato <imbrogliato> da Monti; ma che adesso, votandolo, avrebbe lui subito cambiato tutto.
Tanto sforzo mediatico e personale consentì al Pdl – in realtà a Berlusconi che se ne era fatto il garante – di tamponare la catastrofe annunciatasi alle amministrative per il partito. Anche se il <rimedio> risultò assai parziale di efficacia; in quanto il Pdl, e Berlusconi, alla apertura delle urne delle ultime politiche del febbraio scorso si sarebbe dovuto scoprire un partito sostanzialmente dimezzato rispetto alle elezioni politiche precedenti. Sei milioni di elettori precedenti se ne erano infatti definitivamente andati; e non erano tornati.
Tanto che solo il disastro parallelo del Pd in quelle medesime elezioni, evitò al Pdl di dover prendere atto che il vero partito sconfitto era il proprio, risultando dimezzato nei voti elettorali ricevuti.

Per vedere tuttavia se il parallelo potenziale tra le ultime amministrative e le amministrative di circa un anno fa esista anche come messaggio politico nazionale in entrambi i casi, dobbiamo fare una ultima verifica.

Quale risulta la effettiva politica attuale nazionale del Pdl, adesso?

Al netto delle chiacchiere, il Pdl, oggi, appare nuovamente il decisivo sostenitore di governo della medesima politica già di Monti: 
recessione da miseria di massa era, e recessione di massa da miseria rimane anche col governo Letta; diluvio di tasse e imposte recessive era, e diluvio di tasse e imposte recessive rimane anche col governo Letta; disoccupazione di massa dilagante era, e disoccupazione di massa dilagante rimane anche col governo Letta; sterminio di aziende e suicidi era, e sterminio e suicidi rimane anche col governo Letta…
Con l’aggravante rispetto allo stesso governo di Monti, governo  che il Pdl appoggiava dall’esterno; mentre nel governo di Letta – figlio naturale delle medesime politiche economiche già di Monti – il Pdl è formalmente parte essenziale della maggioranza, ha diretti propri ministri nel governo Letta, e, addirittura, vi ha il proprio stesso segretario nazionale a vicepresidente del consiglio.

Ma gli elettori e le elettrici, non sono mica fessi….

Vai infatti a raccontargli di nuovo adesso che non immaginavi nemmeno cosa mai Monti stesse facendo alla guida del governo.
Non glielo puoi infatti raccontare che il grande cambiamento atteso, e promesso, sia tutto nella sospensione (alquanto anche precaria) dell’Imu sulla prima casa.
Non glielo puoi raccontare. E infatti, risulta che se ne siano di nuovo andati anche quegli elettori che erano appena tornati, fidandosi. Del leader Maximo; che forse per non sbagliare, se ne è stato alla larga dai ballottaggi  mentre il partito <brucia> per le sue stesse personali e plateali scelte post elettorali.
E se un capo <suicida> il proprio stesso partito, e la propria stessa credibilità personale, anche contro l’evidenza e ogni prudenza, una ragione ci deve ben essere, non essendo certamente uno sciocco l’interessato. 
E le ragioni paiono infatti ben esserci; ma non politiche le ragioni del leader appaiono adesso. Quanto appaiono, piuttosto, le incomprimibili ragioni di un colossale personale <interesse in conflitto>. Se ci si passa il bisticcio… dell’inversione…..

E che non sia stata la presunta mancanza di Berlusconi in campo a decidere l’esito delle ultime amministrative, il Pdl stesso si sarebbe incaricato di verificarlo. 
A Brescia. In Lombardia. Dove Berlusconi (il Capo) ed Alfano (Segretario nazionale e vicepremier) erano infatti assieme sul palco a sostenere il loro candidato a sindaco; candidato che però, entrambi e assieme, consegnavano alla severa sconfitta elettorale….. 
Dunque, al Pdl, così come al suo Leader, le ultime amministrative avrebbero recato un bruttissimo messaggio di portata nazionale: ed in pratica forse semplificabile anche in… andate a quel paese…..



E il Movimento 5 Stelle di Grillo, avrebbe forse ricevuto anche esso un messaggio elettorale locale si, ma di valenza nazionale?Logo M5S
(fonte immagine:www.wikipedia.org)

Parrebbe proprio di si, che anche per Grillo le ultime amministrative abbiano recato un messaggio di portata nazionale.
E quale?
Andiamoci per gradi, a provare assieme di vederlo.

Le amministrative di circa un anno fa, con Parma e ovunque si votasse, ma in Sicilia in specie, avevano annunciato il successivo dilagare del Movimento di Grillo nelle imminenti elezioni politiche nazionali. Come puntualmente infatti è poi accaduto.
Anche se Grillo già mostrava un suo <tallone d’Achille>. Cresceva si, impetuosamente, ma non pescando in prevalenza nell’ampio serbatoio del Non Voto anche di allora. Cresceva invece, soprattutto, mangiandosi pezzi di elettorato Pd in dissenso, pezzi di antagonismo sia a destra come a sinistra; ma cresceva, anche Grillo, in prevalenza come anti Monti anche esso. Infatti tantissimi elettori di già partiti esistenti, come molti di loro stessi dichiaravano, sceglievano Grillo ritenendo con quel voto di ottenere un profondo cambiamento nella politica socio economica di governo.

Quella aspettativa prevalente, a cui Grillo dava ben voce con quei suoi stentorei <arrendetevi, stiamo arrivando…>, portava infatti a ben 163 parlamentari grillini in parlamento (tra Camera e Senato).
Una posizione ed una forza ideale per poter giocare il ruolo di arbitro decisivo di qualunque scelta politica post elettorale.

E invece, cosa ne faceva il Movimento di Grillo, di tutta quella forza politica ricevuta in prestito per un grande atteso cambiamento?
Risultava che esordiva gelando il sangue, pare potersi pensare, in tantissimi che l’avevano votato: che fretta c’è di fare un governo, tanto abbiamo già Monti che può continuare in <prorogazio> anche  sino all’infinito….
Cioè il movimento di Grillo metteva la sua forza parlamentare, nei fatti, a gentile disposizione del prolungamento del governo di Monti oltre ogni decenza post elettorale. E chiamava la sua politica, come grande differenza dalla recessione di Monti, <decrescita felice>. Che, rispetto alla recessione in atto appare come dire che <se non è zuppa, è pan bagnato>.
Il Movimento di Grillo sarebbe poi risultato nei fatti, anche il vero grande elettore di Napolitano; in quanto paralizzava e neutralizzava ogni propria capacità di condizionarne una scelta condivisa del successore eventuale. 
Per giungere così al governo LETTA Pd / Pdl / Monti, che ne diveniva naturale conseguenza.
E tutta quella forza parlamentare <Grillina>, mentre questo scempio di ogni speranza di cambiamento accadeva, risultava mantenuta bloccata entro il proprio stesso accampamento a dilaniarsi su diarie vere o presunte, su frasi o presenze mediatiche concesse o negate, su diritto di pensiero politico eventuale di ben 163 parlamentari. 
Uno scempio di buona sorte e opportunità reali di cambiamento profondo nazionale. 
E quale sarebbe alfine risultato il bottino, a tre mesi e mezzo dalle elezioni di febbraio, di ben 163 deputati a 5 Stelle? La presidenza della Commissione di Vigilanza sulla Rai per uno di essi….
Come dire, un ossetto a Fido, ed il governo a …Letta.


E c’è da meravigliarsi se, alla prima occasione utile quale risulta il recentissimo voto amministrativo, il voto di quasi tutti coloro che speravano in un deciso cambiamento economico e politico, risulta avere pressoché totalmente abbandonato Grillo ed il suo Movimento 5 Stelle?
Erano arrivati infatti, in tanti anche con il proprio voto, in prevalenza per provare a cambiare anche a tal modo l’esistente; ritenutisi beffati nelle loro lecite speranze, come son venuti, se ne sono andati. Anche questi. Di elettori ed elettrici. Facendo vedere al movimento, oggi, ben più di 5 di Stelle….

E a lume di buon senso c’è persino da ritenere che quei medesimi voti svaniti, non ritorneranno più neanche in seguito.
Poiché pare sia da temere che la <colpa> risultata addebitata a Grillo non sia tanto di avere sbagliato una mossa tattica contingente, che questo si perdona facilmente soprattutto rimediando; quanto di aver più banalmente tradito in blocco la missione elettorale ricevuta. E questo, quasi mai si perdona da parte di chi ritenga di subirlo.
Pessimismo prevenuto sulle sorti Grilline?
Affatto neanche questo.
Il fatto è che Grillo crolla mentre il 52% circa dell’elettorato potenziale se ne rimane nel non voto. Come se quel medesimo 52% circa di potenziale elettorato così facendo dicesse: non si intravede sulla scena politica per ora niente che serva ad un vero cambiamento nazionale.

Se così fosse, e se così sarà anche in futuro, vorrebbe allora dire che, per responsabilità  politica diretta anche dello stesso Grillo, il Movimento 5 Stelle avrebbe <ballato>  una notte soltanto sotto i riflettori della pista…..



Ed il PdPartito Democratico.png?

Il Pd appare il sopravvissuto a questa tornata elettorale.
Esso, Pd, i colpi duri sia di consenso (meno tre milioni di propri precedenti voti), sia di sconfitta della strategia politica originaria, li aveva già subiti alle elezioni politiche. Tanto da aver dovuto ritenere di tornare di corsa persino tra le braccia di Napolitano, quasi a dire, fai quel che ti pare ma non farci sbranare.
Alle amministrative ultime, il Pd, probabilmente aveva anche bravi candidati e si è salvato facendo cappotto agli altri concorrenti per 17 a zero. Ma quando fai cappotto, sia nel gioco come alle elezioni, pare evidente che anche gli avversari, e come si è provato ad osservare, ci abbiano messo un più o meno involontario però decisivo <aiutino>.
Il Pd infatti si prende si 17 sindaci su diciassette in ballo nei capoluoghi dove si è votato, cioè il 100% della posta. 
Ma sul piano del valore nazionale d’insieme, quale messaggio pare recare il suo esito elettorale se si va oltre l’ingannevole apparenza di quei rotondi risultati nei ballottaggi spesso anche ben oltre 51%?

Il messaggio recato sul Pd dalle ultime consultazioni amministrative appare che il Pd stia, per parte sua, più o meno esattamente come stava subito dopo le elezioni politiche. Questo in termini di consenso. Perché quando il 52% dell’elettorato potenziale non vota, chiunque comprende che le percentuali di partito al primo turno costituiscono più o meno, forse anche un po’ meno, del risultato già di Bersani premier.

Tuttavia, per chi appariva destinato ad una deriva senza fine, stare come prima appare forse già stare un po meglio. Ed intanto si concede in nutriente <brodino> di 17 nuovi Sindaci che non è male, tanto più essendovi Roma inclusa.

Inoltre il Pd, alcuni punti pare poterseli assegnare:
Intanto la coabitazione con la politica economica montiana, su parte del suo elettorato, i danni maggiori che doveva fare pare li abbia già fatti in coincidenza con le ultime consultazioni politiche: quando ha falciato il progetto elettorale di Bersani e concorso a gonfiare in fiume impetuoso il torrente di Grillo.
Inoltre il Pd, che in ogni caso rimane l’ultimo partito esistente normale con una vera base militante territoriale, e sicuramente anche pieno tra questi di bravissime persone, può addolcire la precedente disfatta elettorale politica dicendosi che non solo si è comunque mantenuto il suo Napolitano; ma ha ottenuto anche il <suo> seppur montiano Letta a capo del governo.
E il primo ministro Letta, al suo Pd, ha almeno concesso l’unica manciata di denari veri mentre negava, o tergiversava nei rinvii, su tutto il resto. Ha infatti rifinanziato la Cassa integrazione, la vera richiesta immediata del proprio partito, in quanto costituisce <l’anestetico> sedativo del dissenso mentre prosegue imperterrita la macelleria chirurgica dei posti di lavoro.
Ma la pentola del dissenso della stessa base del Pd mostra di lievitare comunque verso il punto di rottura, che il governo appare cercare di esorcizzare un po’ con le buone (cassa integrazione rifinanziata); e un po con le meno buone (durissima bastonatura preventiva della manifestazione sindacale di TERNI, cosa che non accadeva più da parte delle Forze dell’Ordine da molti decenni) a mostrare che il governo teme come la peste l’irrompere – anche pacifico - anche sulle piazze del dissenso sociale che già svuota le urne.

Ma sul piano nazionale la faida pd tra filo Montiani ed anti Montiani (inteso come fautore della ancora oggi in vigore scelta economico sociale auto recessiva nazionale) rimane sotto la cenere di un Congresso da resa dei conti eventuale.

Merita forse infatti anche ricordare che Marino conquistava il Campidoglio presentando come una sua credenziale di non aver votato a favore del governo Letta, che avrebbe scelto Rodotà come presidente della Repubblica, e ignorando il simbolo Pd come suo Logo elettorale. In pratica, a Roma, pare potersi proprio dire che abbia vinto si, ma un anti Pd attuale…


Al termine di questa carrellata sul dopo elezioni,
abbiamo potuto vedere il probabile stato attuale del Pdl risultato tenuto al macello elettorale dal suo stesso leader che mostra di avere questioni assai più concrete ed immediate da risolvere prima di poter pensare di mollare il capo del governo Letta al suo destino eventuale.
Abbiamo visto il probabile stato del Movimento 5 Stelle, i cui gruppi parlamentari composti presumibilmente di tantissime normali brave persone, appaiono troppo impegnati ad evitare di farsi <castrare> dal loro stesso leader per aver tempo residuale di fare politiche efficaci sia sul territorio come a Montecitorio.
Ma proprio da qui potrebbe venire la vera sorpresa futura. Se infatti il malessere grave dei gruppi parlamentari del M5S crescerà sino al punto da indurre a distaccarsi almeno trenta/quaranta deputati, il Congresso eventuale del Pd venturo potrebbe incentrarsi proprio se far cadere Letta per un diverso governo con altra diversa maggioranza. E con diversa politica economica. Ma questo, evidentemente, non si può sapere se potrà accadere. Il Futuro infatti dicevano gli Antichi <riposa sulle ginocchia di Giove>. 
Anche se appare come altamente plausibile una possibile implosione del gruppo parlamentare dei 5 Stelle, stante la lotta fratricida che risulta essere stata ingaggiata entro il M5S dal suo stesso leader quasi per <divorarsi>, come il Crono mitologico, ogni suo <figlio> che rischi, crescendo, di potergli contendere il regno….

Tuttavia, in questa lunga carrellata sullo stato di forze politiche dopo le ultime elezioni amministrative e rispetto ad una nazione che mostra di non volersi fare crocifiggere in omaggio alla Ue tedesca attuale, un attore protagonista risulta ancora stare fuori scena.

Ma come in ogni tragedia greca che si rispetti, qualunque spettatore saprebbe che è un protagonista.
Ci riferiamo - politicamente beninteso - all’attuale Capo dello Stato appena felicemente rieletto. E mentre i <trenta saggi trotterellano a Trento assieme a trentatre trentini> per almanaccare se passare alla Repubblica semipresidenziale come fantascentifico rimedio alla disoccupazione di massa da Recessione ancora in corso, il capo della Repubblica attuale risulta che governi; ed anche da un pezzo. Da non meno di tre anni, infatti. Splendido esempio di rapidità italiana, dove le riforme costituzionali vere pare si fanno a tavolino; e se poi rimane tempo se ne parla anche in parlamento, magari.
Qualcuno può infatti ritenere di non poter vedere che, in Italia, oramai da oltre due anni chi effettivamente governa risulta proprio il Capo dello Stato?

Proviamo a vedere cosa infatti risulta capitato:
il governo Berlusconi viene graziato dal finire ad immediate elezioni anticipate dopo la scissione di Fini; e quando il governo Berlusconi alfine si arrende, il Capo dello Stato risulta fabbricarsi di persona un primo ministro che fa anche contemporaneamente senatore a vita forse perché non restasse dubbio (un passaggio complessivo risultato così audace che sarebbe risultato difficile anche a Vittorio Emanuele III); 
il governo Monti governa (si fa per dire visto gli esiti) in pratica solo per decreti legge sotto avallo e impulso risultato costante del Capo dello Stato; poi certo, Monti, ne combina di tutti i colori si fa un partito, prova le elezioni, e vi si scotta; ma dopo le elezioni il Capo dello Stato se lo mantiene a capo del governo in prorogazio per quasi tre mesi mentre procede indisturbata la svolta recessiva già prima risultata imposta assieme; 
e dopo le elezioni, con la collaborazione apparsa decisiva di Grillo, può vedere rosolare il progetto di Bersani e intanto risulta che si mette in casa i <Saggi> a preparare la nuova scaletta di governo successivo; e da lì risulta osservare bollire prima Marini e poi anche Prodi.
E a quel punto, che cosa accade? 
Ma si sacrifica a farsi riconfermare dopo appena quattro votazioni inefficaci del parlamento per eleggere un suo successore; infatti, sai che impressione quattro votazioni inefficaci, quando per eleggere Pertini il parlamento impiegò sedici votazioni prima di riuscirvi con la più ampia maggioranza che abbia eletto un Capo dello Stato. Pertini ritratto.jpg


Ma a quattro votazioni inefficaci, evidentemente scatta l’allarme della Patria in Pericolo sui media a reti unificate e forse anche al Quirinale. 
Il presidente uscente si  <rassegna> a venire ricandidato, quindi prende subito il <toro per le corna> e vara il governo Letta attuale. 
Centro…..
La politica recessiva di Monti filo Ue tedesca appare adesso salva: infatti tuttora si mantiene immutata come rovinosa sia come inefficace (in questa disastrosa prima metà di un 2013 di sole chiacchiere stiamo infatti perdendo un pil annuo di circa – 2,5%; che sommato al meno pil dell’anno appena trascorso siamo a un totale di -5% di pil in un solo biennio, un trionfo, con la Grecia oramai a portata di mano se rimaniamo in recessione anche nel 2014 come peraltro vi resteremo senza cambio di scelte di governo.).

A questo punto non paiono esservi molti dubbi su chi veramente governi l’Italia ormai da molto tempo; e non appaiono esservi altrettanti molti dubbi su chi risulti il vero garante nel tempo della scelta recessiva volontaria attuata dai governi italiani in un triennio.

Può continuare dunque a restare ancora fuori campo un così decisivo dodicesimo giocatore nella squadra dei nostri <economisti> di governo italiano? No, non può.
Risulta avere ogni diritto di venire in primo piano il nostro vero personaggio di governo: avanzi dunque il Capo dello Stato che come risulta averci condotto in recessione volontaria lui coi suoi ultimi governi non era riuscito a nessun altro Presidente nella storia repubblicana nazionale.
Troppa grazia stare fuori campo. 
Poi, certo, risulta tuonare a mesi alterni, in questi ultimi anni, nei confronti della attuale Legge elettorale vigente. Anche paventando, a quel che oggi si legge, che possa avere qualche profilo di <incostituzionalità>. 
Eccezionale veramente un Capo dello Stato che paventi qualche eventuale profilo di <incostituzionalità> di una Legge elettorale con cui conviviamo, noi ed Esso, da ormai circa otto anni. E avrà però mai pensato, e proprio da Capo dello Stato, che se paventasse profili di incostituzionalità quanto ad una legge elettorale ancora vigente, forse magari suo dovere di massima Magistratura Repubblicana sarebbe piuttosto anche forse stato di spedirla alla Corte Costituzionale perché venisse immediatamente cassata con proprio quesito motivato? Si, più o meno, esattamente come per le intercettazioni quirinalizie di Stato. 
 Perché questo giudizio, politico soltanto evidentemente, sull’attuale Capo dello Stato? 
Perché se  risulta governare attivamente anche Egli, allora deve accettare di venire anche apertamente, politicamente, criticato. Ove del caso. E quel caso, pare ricorra, proprio nel nostro di caso. E anche da tempo.
O anche qui siamo al <non avevo immaginato>?


Si ritiene che, sul piano di una libera opinione politica, anche questo possa, anzi debba potersi osservare. Rispettosamente.
E, altrettanto rispettosamente, infatti non l’avremmo rieletto.
Un settennato risultando già più che bastato.


Tutto ciò premesso, cosa sembra indicarci il futuro possibile italiano ravvicinato?

Non grandi cambiamenti per auto cambiamenti politici spontanei dell’esistente.
Il garante delle scelte economiche e sociali anche attuali risulta ancora al suo posto;
il capo del governo attuale risulta essersi collocato nella continuità delle scelte economiche già del governo Monti;
la maggioranza politica dell’attuale capo del governo è la medesima, e formata dai medesimi partiti, che già appoggiavano il governo di Monti.
Appare alquanto evidente che non vi sia alcuna intenzione seria di cambiare totalmente percorso economico e sociale attuale.

Ed allora?

Partita definitivamente persa e senza speranza del meglio condiviso?

Non è detto. Non è affatto detto.

Al margine del campo politico, si assiepa di nuovo infatti, critico, deluso, sdegnato di venire continuamente raggirato, oltre il 50% dell’elettorato italiano.
Si affaccia e si ritira, ormai da diverso tempo, alla ricerca degli strumenti efficaci per un reale cambiamento economico sociale.
Ed è proprio da lì che arriverà, quando arriverà, il vero cambiamento.
In quell’enorme bacino del non voto italiano si aggira infatti il potenziale nuovissimo schieramento del cambiamento; potenzialmente anche maggioritario che cerca però ancora il suo strumento efficace per emergere allo scoperto operativo e in un Progetto condiviso di Sviluppo equo.


Più o meno come quando apparve Berlusconi; soltanto che anche lui probabilmente risulterà adesso oggetto di una alternativa vera di governo. Mentre in passato era stato lui la speranza di un possibile rinnovamento mai avvenuto.

Che strade e strumenti potrà prendere il nuovo che già bussa alla porta Italia – Bandieraitaliana del rinnovamento?


Questo non compete qui dirlo: il nuovo nascerà come riterrà meglio.
Ma nascerà, perché sta arrivando il suo tempo.
Quello che ci si augurerebbe è di poterci essere assieme al nuovo che nascerà per riaprire la strada al meglio; per contribuire ad aiutarlo. In qualsiasi modo possa capitare di servirlo. Il cambiamento per tutti noi italiane ed italiani in meglio.

Il resto, è nelle mani del popolo italiano; in buone mani dunque certamente anche adesso.






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