Intanto
il governo insediato si ritira in un ex Convento, sabato e domenica, per
meditare su una disoccupazione oramai al 12 % e una recessione che secondo
Istituti internazionali, in assenza di profondi correttivi idonei, ci accompagnerà sino almeno al 2015.
Come
è potuto accadere tutto questo, che una delle prime sette nazioni industriali
del mondo si scoprisse ridotta, in venti anni, ad una delle nazioni più
infelici ed impoverite del mediterraneo?
C’è da temere che se non si inizi a dirci tra di noi anche scomode verità nostre collettive, non verremo a capo di niente nemmeno nei rimedi necessari.
Ed una delle prime scomode verità risulta proprio il provare a dirci tra tutti noi assieme come si sia caduti in questa <fogna> nazionale.
Ed è
appunto quello che proveremo a fare assieme, se ci farà piacere. Farlo.
Pare che la prima operazione verità sia prendere una buona volta atto che noi Italia, e nel nostro insieme, da ormai oltre quindici anni non siamo più una effettiva democrazia elettorale. E, di conseguenza, non siamo, nemmeno, più una effettiva democrazia parlamentare.
Cosa
è stato infatti, l’avvento dello Stato Costituzionale negli ultimi due secoli
europei e nord americani inizialmente?
Niente
altro che la conquista della rappresentatività PARLAMENTARE.
Giova
pare perderci infatti un attimo di riflessione, su questa grande innovazione di
gestione dello Stato che oggi ci appare ovunque così naturale. Perché ci spiega
molto del nostro stesso presente.
Dunque,
come era la gestione degli Stati europei prima della <Rivoluzione
gloriosa> (pacifica) inglese (anno1868 e successivi) e quella alquanto
invece cruenta francese (1848)?
La pressoché totalità degli Stati europei avevano allora a capo un Monarca. Il quale Re era il riconosciuto capo della allora ristrettissima Oligarchia interna (nobili ed alto clero) che si spartivano solo per sé l’intera ricchezza e beni nazionali. Ed il resto della popolazione di ogni nazione di allora, che però, in genere, era più del 90% della intera popolazione nazionale sempre di allora? Sostanzialmente irrilevante, senza alcuna propria condivisione alla ricchezza ed ai beni della loro nazione e soprattutto senza alcun proprio ruolo e potere nella conduzione socio economica dello Stato.
Gestione dello Stato che pertanto, in diretta conseguenza, tutelava esclusivamente gli interessi e le rendite delle ristrette minoranze che la controllavano loro soltanto senza altrui intromissioni. In sostanza, la gestioni degli Stati europei, allora, tutelavano esclusivamente i privilegi e gli interessi degli unici che avevano il potere di farlo.
Stiamo
perdendo tempo? No, non pare che stiamo perdendo tempo. Stiamo piuttosto
seguendo una pista che forse ci serve. Adesso.
Dunque,
tutto cambiò, circa un paio di secoli fa appunto nella nostra Europa, con la
rivoluzione agraria in Inghilterra, e poi ancor più con la rivoluzione
industriale dapprima ancora sempre in Inghilterra e poi in Francia ed a seguire
anche altrove.
Già
con la rivoluzione agraria inglese si determinò, infatti, il formarsi di una
aristocrazia produttiva agraria. La quale non gradiva affatto di essere tenuta
senza alcun potere nella gestione dello Stato. E quindi - pur andando qui con
l’accetta nella presente ricostruzione dei fatti - pretese, inizialmente in
Inghilterra, una cosa elementare quanto rivoluzionaria: il trasferimento del
potere nella conduzione dello Stato ad un Parlamento elettivo nazionale.
Lo scontro non fu lieve tra una MONARCHIA, e la sua ristretta <cricca> di sodali, che regnava sino ad allora senza alcun limite al proprio discrezionale potere. E che proprio da queste basi di assoluto potere si spartiva da sola, sino ad allora, la intera ricchezza del proprio Paese.Tanto che in Inghilterra questo scontro finì per condurre al patibolo il sovrano che provò ad opporsi al trasferimento dei poteri di gestione dello Stato ad un parlamento elettivo nazionale.In breve tempo, tuttavia, la monarchia inglese si adeguò a quanto emerso (appunto con la rivoluzione <gloriosa> cosiddetta perché sostanzialmente questa si affermò pacificamente). E in questo modo le fondamenta dei nuovi Stati Costituzionali PARLAMENTARI erano così state messe in Inghilterra.
Infatti,
anche se l’allora parlamento inglese rimase per molto tempo un parlamento di
censo (nel senso che eleggeva solo chi disponeva di un proprio significativo
reddito), era stato radicalmente cambiata la gestione dello Stato inglese: il
re regnava, ma adesso era il Parlamento, liberamente eletto nei suoi componenti,
che governava la nazione. In questo modo la guida della nazione non era più in
mano esclusiva di un gruppo ristretto di Oligarchi, ma finiva in mano alla
rappresentanza degli interessi allora prevalenti nell’economia inglese: con un
parlamento che li rappresentava appunto quei leciti interessi maggioritari
nazionali. Perché erano gli elettori che ne sceglievano i componenti di quel loro
parlamento elettivo.
L’affermarsi della rivoluzione industriale prima in Inghilterra, e quindi in Francia, e quindi anche altrove, consolidò, ampliò, ed infine impose ovunque quel nuovo sistema di gestione condivisa delle proprie rispettive nazioni.
Erano
infatti intanto emerse nuove categorie di produttori nazionali sempre più ampie
nelle nostre nazioni europee. Inizialmente con miriadi di opifici artigiani,
poi con i primi nuclei d’industria. E questa nuova grande platea di produttori,
che tutta assieme assicurava ormai la gran parte di produzione della intera
ricchezza nazionale, pretese ed ottenne un po’ ovunque di venire rappresentata
anche essa nella gestione dello Stato. E
pretese, ed alfine ottenne, di poterlo fare ovunque tramite libera elezione di
parlamenti nazionali che la rappresentassero.
Ma
la rivoluzione industriale, rafforzandosi ed ampliandosi, sia nel numero come
nella consistenza, aveva generato una nuova area di produttori di ricchezza
nazionale: l’area degli occupati salariati sia negli opifici artigiani come in
quelli industriali. I quali occupati ed occupate, tramite un reddito personale
che ne derivava, divenivano allo stesso tempo anche il mercato interno di massa
degli stessi produttori agrari ed industriali.
L’assetto di gestione nazionale non poté, alfine, che prendere atto anche di questo radicale mutamento economico e sociale intervenuto entro gli Stati: ed il diritto di voto divenne progressivamente, ovunque, in Europa come nel Nord America, universale (senza più preclusioni di reddito e di sesso come era stato invece inizialmente).
Lungo
questo percorso, le nuove nazioni europee, e nord americane, nel primo
novecento divennero progressivamente nazioni guidate tutte da un Parlamento
elettivo nazionale. Dove gli elettori si sceglievano col voto i propri
deputati. E quelle medesime nazioni si dotarono anche di Costituzioni che
indicassero una rotta di diritti irrinunciabili che i parlamenti elettivi dovevano
garantire a quelle medesime intere proprie popolazioni.
Dunque
le nostre Democrazie Costituzionali europee, e nord americane, sono nate come
democrazie Parlamentari. Ed è proprio questo aspetto ad unificarle tutte, pur
nelle variabili delle singole Costituzioni coerenti:
avere ancorato la guida
della intera nazione ad un Parlamento elettivo nazionale dove è l’elettore che
si sceglie i parlamentari col proprio suffragio universale.
E
perché mai si sono pressoché tutte indistintamente dotate, oggi possiamo dire
l’intera area delle democrazie mondiali, di un sistema parlamentare
elettivo a proprio fondamento gestionale?
Per la banale ragione che, divenuta oramai e ovunque di massa l’area di produzione della ricchezza nazionale, solo un parlamento liberamente eletto e scelto dalla totalità degli elettori poteva assicurare la rappresentanza complessiva di tutti i leciti interessi economici e sociali di una intera nazione. E su questo patto di gestione nazionale a maggioranza parlamentare, vennero poste a vigilare dei patti universali permanenti nazionali: le Costituzioni.
Le
quali Costituzioni altro non erano, e altro non sono, che il <contratto>
generale condiviso all’interno della intera nazione. E patto condiviso – la
Costituzione – che consente poi la guida nazionale a maggioranza, e la consente
anche nell’alternanza di maggioranze tra di loro diverse entro i parlamenti di
ogni nazione.
In quanto proprio il patto universale tra la intera popolazione della singola nazione - Costituzione – avrebbe garantito, e garantisce tuttora, che qualunque maggioranza si fosse di volta in volta trovata a controllare il parlamento alternativamente, non avrebbe mai tuttavia travolto il patto fondante nazionale condiviso universale: appunto la Costituzione. Elevata a vincolo, e limite, di ogni possibile discrezionalità di mutevoli maggioranze parlamentari.
Abbiamo
provato a semplificare quasi <disperatamente> questo lungo e contrastato
percorso accaduto nella gestione degli Stati nel corso degli ultimi due secoli;
ma eccola tutta qui, in fondo, la grande mutazione epocale delle nazioni
europee e nord americane per prime: dotarsi di un Parlamento elettivo nazionale
per la propria gestione statale e di una Costituzione che ne regolasse la
facoltà di discrezione parlamentare.
E perché proprio il Parlamento – alfine divenuto a suffragio universale ovunque – doveva essere risultato, come tuttora risulta, lo strumento ottimale per guidare la gestione di una intera nazione?
Perché
un parlamento liberamente scelto ed eletto nei propri componenti dall’intero
elettorato è l’unico strumento che consente alla totalità delle realtà
economico e sociali di una intera nazione, di concorrere, equamente e
proporzionalmente, e pacificamente, alla gestione condivisa della intera medesima nazione
(immagine/wikipedia.org)
proporzionalmente, e pacificamente, alla gestione condivisa della intera medesima nazione
Senza
parlamento liberamente scelto ed eletto non c’è infatti possibilità di
condivisione nella conduzione della intera nazione; e senza condivisione non
c’è neanche Costituzione.
E non è affatto un caso che, quando una Democrazia viene aggredita al proprio interno da regimi autoritari o addirittura dittatoriali, la loro prima vittima, assieme alla propria stessa popolazione, risulta in tutto il mondo, inesorabilmente senza eccezione, il libero Parlamento nazionale composto da deputati sceltisi liberamente dall’elettore.
E’
infatti soltanto il Parlamento liberamente scelto che consente la condivisione
di gestione a tutte le componenti socio economiche della nazione; ed è solo un
libero parlamento elettivo che rispetta la sua Costituzione.
Ma se una
<cricca> minoritaria riesce ad impadronirsi della gestione dell’intera
propria nazione a proprio esclusivo vantaggio e profitto, deve per forza
liberarsi come primo atto di un parlamento a libera elezione universale.
Proprio perché, se lasciasse integro quel libero parlamento, con deputati
liberamente scelti dall’elettore, il golp stesso eventuale sarebbe già così
fallito e destinato all’insuccesso.
Per
averne la riprova non occorre andare molto lontano nello spazio come nel tempo.
Basta tornare alla dittatura fascista in Italia che sta allora facendo i primi
passi per radicarsi stabilmente. La vicenda spartiacque tra una democrazia che
si difende ancora e una dittatura permanente risultò proprio nell’assassinio
del deputato Matteotti (10 giugno 1924) che simboleggiava in quel momento l’intera
opposizione al fascismo.
Il deputato Matteotti liberamente eletto dall’elettorato simboleggiava infatti il rifiuto di un parlamento di farsi strumento di una dittatura al servizio esclusivo degli interessi di una minoranza di popolazione. Il suo restare in vita avrebbe compromesso i piani del regime autoritario nascente; la sua morte senza conseguenze politiche avrebbe significato il venire allo scoperto della faccia autoritaria del regime fascista. Matteotti venne fatto uccidere, il Regime fascista si consolidò facendosi dittatura senza più finzioni. Il Parlamento italiano liberamente eletto era stato nei fatti proprio a quel modo abrogato.
A, dimenticavamo. Il regime fascista, sistemata la autonoma libertà del Parlamento assassinando il deputato Matteotti, tuttavia non si era affatto dimenticato che serviva anche qualche altra cosa alla sua cricca protetta per potersi spartire in santa pace da sola l’intera ricchezza della nazione. A questo aveva infatti già provveduto nel 1923: con la Legge elettorale Acerbo. Legge elettorale che avrebbe consentito di potersi prendere la maggioranza del Parlamento italiano anche con solo il 26% dei voti elettorali: al resto avrebbe provveduto <il premio> che trasformava quel 26% di voti nella maggioranza dei parlamentari. Il <premio>, chi l’avrebbe detto. Il resto, sta nei libri di storia sul ventennio.
Proviamo
dunque a riassumere cosa erano le nazioni europee prima della
<rivoluzione> parlamentare nella loro gestione: un gruppo ristrettissimo
di <oligarchi> interni i quali si spartivano come rendita, ed a loro
esclusivo vantaggio, praticamente l’intera ricchezza della nazione.
E
cosa risultavano quelle medesime nazioni dopo l’avvento del sistema
parlamentare quale metodo di propria gestione?
La possibilità per la totalità degli interessi economico e sociali di poter venire rappresentata in Parlamento con propri deputati. E quindi, fare del parlamento il luogo di mediazione naturale dei medesimi interessi economico sociali leciti.
La possibilità per la totalità degli interessi economico e sociali di poter venire rappresentata in Parlamento con propri deputati. E quindi, fare del parlamento il luogo di mediazione naturale dei medesimi interessi economico sociali leciti.
In questo modo, in via di principio, nessuna area degli interessi nazionali poteva operare a proprio esclusivo vantaggio. Ma doveva interagire con altre aree economico sociali per poter divenire soltanto in questo modo maggioranza parlamentare. Ma neanche in questo caso la gestione della nazione avrebbe servito permanentemente un unico esclusivo blocco degli interessi nazionali seppure maggioritari; poiché, in successive elezioni, sarebbe potuta mutare la maggioranza parlamentare elettorale. E quindi, sarebbe potuta mutare con essa anche l’area di riferimento socio economico maggiormente tutelata dalla gestione nazionale del momento.
Questo
banalissimo andamento potenziale - potremmo per così dire <ad elastico> -
un po’ qui e un po’ là della conduzione parlamentare economico sociale sarebbe
però diventata la bussola per la costante della gestione nazionale: nessuno mai
escluso per principio dalla gestione della nazione; ma altrettanto nessuno,
altrettanto per principio, mai sicuro di non dover passare all’opposizione.
Parlamentare.
E in
questo modo la conduzione complessiva della nazione, nel tempo, pur avanzando
per così dire apparentemente <a zig zag>, sarebbe però tendenzialmente
divenuta una linea retta <mediana> come direzione costante: quella della
più ampia condivisione di gestione tra tutta la propria popolazione.
Perché
sarebbe stato soltanto dalla mediazione dei diversi interessi della nazione che
poteva nascere una maggioranza parlamentare elettorale; e nel caso così non
fosse, sarebbe stata la mediazioni di interessi di diverse rappresentanze
parlamentari che avrebbe consentito alla alleanza delle stesse di proporsi come
maggioranza parlamentare di coalizione.
Semplice,
vero? Questa colossale innovazione intervenuta – con tanta fatica - all’interno delle nazioni. E il nome successivo
di Democrazia, conquistato anche il suffragio universale per tutti, veniva in
diretta conseguenza dal suo stesso significato: <governo del popolo>,
inteso cioè di tutti i componenti la nazione con diritto di voto, appunto in greco antico Demos.
Cosicché oggi, i due termini che indicano tale sistema di gestione dello Stato in tutto il mondo viaggiano stabilmente assieme: Democrazia Parlamentare.
Ovvero, governo del popolo tramite un parlamento formato da Deputati liberamente scelti dal popolo elettore.
Già.
Ma se queste sono le premesse, nella nostra Italia possiamo oggi ancora
definirci una Democrazia parlamentare?
Certo
che si, forse risponderebbero molti tra noi stessi.
Certo
che no, però temo che in molti dovremmo invece obiettare.
E
perché, certo che no?
Perché pare che basti stare ai fatti, della nostra comune nazione attuale.
Ormai
da oltre dieci anni infatti, qui in Italia,
la composizione del parlamento nazionale italiano non viene più scelta
dall’elettorato. Ma, tramite quella infamia anti costituzionale chiamata
<Liste Bloccate>, i parlamentari se li scelgono preventivamente i capi
partito. Pertanto oramai in Italia, da oltre dieci anni, il parlamentare non
rappresenta più il proprio elettore; ma altresì rappresenta, ed esclusivamente,
il proprio capopartito eventuale.
Viene
di conseguenza, pertanto, che la nostra nazione ha così cessato, e appunto da
tempo, di potersi definire una nazione parlamentare.
Semplicemente
perché non ha più un parlamento fatto di parlamentari che rappresentino i
propri stessi elettori.
Ma
non si rallegrino troppo in fretta gli eventuali troppo precipitosi forse
estimatori della <più bella Costituzione del mondo>; poiché in
contemporanea, e nel medesimo momento, pare che abbiamo in pratica perso per
strada anche una buona parte della Costituzione.
Perché,
anche la Costituzione?
Perché
la Costituzione nazionale italiana pare proprio che non lo consentirebbe questo
<furto> del diritto vitale, ed essenziale, proprio ovunque dell’elettore.
Invece è accaduto ugualmente, ed accade tutt’ora. Qui da noi, in Italia. Il
furto del diritto elettorale individuale di scelta personale del parlamentare.
Dunque il parlamento nazionale, nell’abrogare sé stesso tramite appunto le <liste bloccate preventive dei deputati>, effettuato col cosiddetto <Porcellum>, risulta aver ritenuto di ignorare anche la Costituzione vigente proprio in uno dei limiti essenziali che essa propone alle scelte parlamentari.<< Il voto è personale ed eguale, libero e segreto>> (art.48 della vigente Costituzione.
Se
l’elettore italiano non può più scegliere liberamente il deputato che lo dovrà
lecitamente rappresentare in Parlamento, allora appare infatti piuttosto
evidente che non ci troviamo più, noi italiani ed italiane, gestiti da un
sistema Parlamentare effettivo. Ma da un suo simulacro di altrui sodali.
E se
il Parlamento non è più diretta espressione - nella propria composizione
complessiva - della libera autonoma scelta del singolo elettore, allora pare
proprio che non possiamo più chiamare nemmeno Democrazia il nostro sistema di
gestione nazionale attuale e nel suo insieme. Poiché appare alquanto evidente
che il Demos, cioè popolo, cioè tutti noi elettori ed elettrici, poco ci abbia
ancora da spartire con l’attuale composizione parlamentare e la gestione
statale che consente.
Ma se così fosse, allora cosa mai saremmo, noi Italia ed adesso?
Se
così fossimo, e pare anche che siamo, come intera nazione, quale sarebbe oggi
il nostro sistema di gestione dello Stato nazionale?
A
colpo d’occhio potremmo trovare pertinente ritenere che ormai da molti anni la
nostra nazione italiana risulta essere gestita da un <Sistema ristretto
Oligarchico> che si appoggia per la sua legittimazione ad un <Parlamento delle Corporazioni> cooptato nei singoli componenti del parlamento dagli
Oligarchi stessi nostrani.
Dobbiamo allora però forse così constatare che intanto, noi Italia attuale, abbiamo fatto esattamente a ritroso il percorso della <rivoluzione gloriosa> inglese di appena qualche secolo fa. E abbiamo, in questo nostro medesimo modo, pare fatto appunto la nostra <ingloriosa rivoluzione> italiana attuale. Che risulta aver proceduto, appunto, all’abrogazione di fatto del sistema già nostro parlamentare di gestione della nazione.Per riconsegnare la gestione della intera nazione, e della sua intera ricchezza nazionale, ad una minoranza di Oligarchi in beneficio esclusivo proprio e dei propri rispettivi interessi associati.
Se
così fosse accaduto, allora non c’è più da meravigliarsi di come appare devastato
oggi, e nel suo insieme, il tessuto economico e sociale della nostra nazione
intera.
Infatti l’abolizione della facoltà di scelta del parlamentare da parte dell’elettore, abbinatasi a smodati premi elettorali nella attribuzione delle rappresentanze parlamentari, hanno consegnato la gestione della intera nazione agli Oligarchi nostrani. Per farci ritrovare con un Parlamento che si compone di famigli degli attuali capi partito e che governano – grazie al premio - anche se minoritari nel paese.
C’è
da restare a bocca aperta, vero, che possa essere accaduto.
In questo modo, è venuta meno, sia per gli Oligarchi nazionali (politici e non), e per le Loro Camere delle Corporazioni, l’esigenza di perseguire nella gestione dello Stato la altrimenti naturale mediazione tra i prevalenti interessi economico e sociali pur presenti nella nazione. Non essendo infatti più necessaria la maggioranza vera dei voti elettorali per controllare l’attività parlamentare, e non essendo più il singolo parlamentare il rappresentante diretto del singolo elettore, la gestione nazionale ha potuto incessantemente privilegiare le sole minoranze di riferimento per gli oligarchi nostrani alternatisi al potere.
Scompare
quindi, dalla gestione nazionale, la linea rettilinea mediana che ovunque
discende dalla alternanza di maggioranze vere elettorali ampiamente condivise; per
divenire una linea curva costante e verso un solo lato, che piega senza
variazione verso gli unici interessi socio economiche delle minoranze di
popolazione le quali si sono assicurate permanentemente proprio in questo modo
la gestione del potere esecutivo e legislativo nazionale.
Scompare
quindi, nel medesimo modo, anche la necessità di fare mediazione tra i diversi
interessi economico sociali della nazione per poter fare eventualmente
coalizione se non si disponga della autonoma maggioranza elettorale e quindi
parlamentare; dal momento che il <premio> elettorale, oggi ancora vigente
in Italia, consente ad una minoranza elettorale di farsi da sola maggioranza
parlamentare e così di impadronirsi da sola dell’intero governo del Paese.
Non serve dunque più mediare, né in uno, né nell’altro caso eventuale; serve invece solo motivare una forte minoranza coesa con cui prendersi da soli il governo del paese. E così poter poi tutelarne gli interessi ristretti rappresentati senza che nessuno intralci.
Non serve più mediare rispettivi Programmi elettorali capaci di raccogliere la maggioranza di voti elettorali della propria popolazione. Per aggregare le minoranze divenute capaci di impadronirsi da sole del Parlamento e del governo del Paese con il <premio>, serve la strategia del <nemico> che deve galvanizzare il proprio elettorato di parte divenuto autosufficiente. Una strategia elettorale emotiva al posto di una strategia di contenuti programmatici concreti diviene pertanto quella nostra italiana sinora prevalente.
Non
desta pertanto meraviglia che in una nazione, Italia, risultata finita da tempo
nelle mani delle più forti minoranze organizzate elettorali, la politica di
gestione dello Stato dovesse poi mostrare risultati del tutto coerenti.
Non
desta meraviglia che, in questa nostra condizione in cui ci troviamo oramai da
ben oltre dieci anni, la intera nazione risulta controllata dalla Rendita
parassita. La quale Rendita parassitaria ovunque nel mondo, risulta
numericamente minoritaria tra la rispettiva popolazione; ma qui da noi in Italia,
la Rendita parassitaria è riuscita ad impadronirsi, da sola, anche se
minoritaria, della gestione dell’intero paese.
Mentre, contemporaneamente, la maggioranza dei Produttori di ricchezza nazionale si sono ritrovati ridotti a permanente condizione priva di ogni influenza nella guida della nazione. Così a dover sottostare, impotenti come indifesi, all’egemonia incontrastata della Rendita.
L’assetto
economico e sociale della intera nazione italiana ne è emerso conseguente. Come
si vede bene oggi:
- quasi il 60% della intera ricchezza nazionale, nello stesso arco di tempo, si è potuta concentrare su meno del 10% della intera popolazione nazionale ( una condizione ancora attuale, quella nostra italiana, così divenuta quasi da pre rivoluzione francese dove il 5% della popolazione infatti controllava il 90% della intera ricchezza nazionale);
- e nello stesso arco di tempo ci riscopriamo con quasi 14 milioni poveri veri. Poveri non per modo di dire, ma di italiane ed italiani a cui diviene sempre meno possibile mettere assieme la cena con il tetto sotto cui riparare se stessi e i propri figli o figlie;
- la tassazione prevalente nazionale si è nello stesso periodo di tempo trasferita dalla tassazione (diretta) dei redditi alla tassazione (indiretta) di beni e servizi; concorrendo anche questo, e non poco al trasferimento incessante in mano di pochi della intera ricchezza nazionale, poiché la Tassazione (diretta) dei redditi risulta per sua natura proporzionale (all’entità dei redditi stessi), mentre la Tassazione (indiretta) di beni e servizi risulta per sua natura inversamente proporzionale all’entità dei redditi stessi. Infatti nella tassazione indiretta accade, paradossalmente, che paghi di più il povero che il ricco a parità di obblighi.Una personale impressione, questa ultima? No. Piuttosto anche recentissimi dati Istat come si può leggere a pag.5 del Corriere della Sera del 11 maggio corrente in un inserto di Pa.Pic.:<<L’IstatCarovita, il 3% in più sui mini redditiMilano – L’inflazione non è uguale per tutti. Per i più poveri l’aumento dei prezzi è maggiore. Dati alla mano, lo dimostra l’Istat. Che ha rivelato come l’inflazione negli ultimi sette anni abbia colpito in modo più pesante le tasche più leggere, riversandosi sui capitoli di spesa obbligati, dagli alimenti alle bollette, ossia le voci che assorbono gran parte del bilancio familiare. Tra il 2012 gli aumenti più forti hanno riguardato proprio chi può contare su budget più ridotti, con un’impennata dei prezzi di circa il 20%. E’ andata molto meglio ai più ricchi: per loro la crescita si è fermata poco sopra il 16% (….) >>
Per inciso, dietro alla attuale nostra recessione sta di nuovo accadendo, accelerato, lo stesso infame gioco di una mai detta svalutazione interna dei redditi più modesti. E non a caso si sono cautelati, sospendendo per prima cosa il rinnovo di contratti e l’indicizzazione alle pensioni. Sono i redditi più modesti da pensione e da lavoro che dovevano infatti venire falcidiati tramite la intenzionale recessione. Recessione che all’interno si muta automaticamente in svalutazione.
- il Lavoro nella sua intera accezione, di Lavoro offerto e Lavoro prestato, è stato nella sua sostanza abbandonato di ogni salvaguardia e tutela anche reddituale ed in pratica smantellato; perché il Lavoro è la naturale fonte di reddito dei Produttori di ricchezza entro ogni nazione, mentre la Rendita parassita non ne ha alcun bisogno del Lavoro equo che anzi lo teme risultando da sempre il proprio diretto avversario naturale.
E una sommessa testimonianza ulteriore di questa profondissima involuzione nostra italiana, la quale ha rimosso il Lavoro come fondante la stessa gestione parlamentare e costituzionale delle attuali democrazie mondiali, pare la offra proprio la condizione del maggiore sindacato italiano attuale; la cui maggioranza degli iscritti risulta essere di pensionati. Degnissime persone anche esse da tutelare, indubbiamente. Ma se nel maggiore sindacato italiano la maggioranza degli iscritti risultano ex lavoratori, pare che non sarà il Lavoro la sua principale occupazione. Più chiara di così, la enorme involuzione dei diritti del Lavoro italiano non avrebbe pare potuto essere a chiunque la voglia vedere.
- e tra le prime vittime della scomparsa del lavoro, e dei suoi leciti redditi, che è stato abbandonato, la vittima più evidente è risultata la Donna italiana ed i suoi stessi diritti; perché la Donna pari nei suoi diritti anche di Costituzione è stata la conquista dello Stato parlamentare dei produttori; mentre la Rendita parassita ha sempre visto la Donna oggetto a propria esclusiva privata o collettiva discrezione.
Altro
che forze politiche ignare degli errori di Monti. Queste medesime forze
politiche che si sono prese il Parlamento nazionale con i propri amici risultano,
invece, perfettamente lucide di quello che venivano facendo alla economia
italiana con un governo che avevano proprio per questo messo assieme in piedi: e
l’operazione che venivano facendo alla economia e società italiana era per loro
stessi così orrenda che si sono nascosti dietro la mano di Monti ad attuarla.
Una politica socio economico Reazionaria, nella sua ruvida sostanza:
disarmare il Lavoro e i suoi leciti redditi da demolire, disarmare le pensioni
normali da falcidiare, smantellare ogni solidarietà sociale per non rinunciare
a nessun proprio privilegio smodato e corruttivo. Questa risulta infatti la
vera Italia post parlamentare dell’ultimo biennio. Una nazione rubata, una
nazione tradita.
Una nazione rimasta senza la difesa di un parlamento vero e composto di deputati liberamente scelti dal loro elettorato.
Qualcuno
potrebbe anche obiettare che non meriti di difendere un Parlamento italiano
ritenuto oggi da molti la <sentina> di gran parte del degrado nazionale.
Vero tutto, vero in parte, quel che si legge?
Appare
irrilevante, poiché ci stiamo raccontando il ruolo vitale in Democrazia di ogni
libero Parlamento.
Non stiamo affatto difendendo i singoli attuali deputati italiani. Che costoro poi deputati in senso costituzionale neanche risulterebbero, visto che accedono al parlamento come <portaborse> dei rispettivi capi partito che se li scelgono e ce li impongono. Mentre non c’entra in niente l’elettore nella loro designazione e selezione.
Inoltre,
faremmo bene a non dimenticare mai che il parlamento che viene sistematicamente
additato a esempio di ogni degenerazione da non disinteressate campagne
mediatiche nostrane, non è il nostro parlamento di deputati scelti da noi. Ma è
il parlamento degli attuali oligarchi, unici che si scelgono chi debba sedervi
e chi debba uscirvi. In parlamento.
Dunque,
se lo cose conservano un minimo di senso, come si potrebbe non vedere che con
una rappresentanza parlamentare ritenuta meritevole di disistima generale non
c’entra assolutamente niente il parlamento costituzionale scelto dal voto elettorale
nei propri componenti? Dal momento che noi Italia quel parlamento elettivo
nella scelta dei propri singoli componenti non lo possediamo più da quasi 15
anni.
Pertanto, se i parlamentari italiani meritassero eventuale disistima generale per loro condotte od omissioni, pare proprio che la disistima tocchi tutta agli Oligarchi che ce li hanno imposti.
Non
si comprende infatti come la disistima eventuale possa ricadere su una
istituzione che ci hanno soppresso da decenni, e non debba altresì ricadere
tutta eventuale sopra gli Oligarchi che si sono fatti i parlamenti a propria
illimitata discrezione pescando loro tra propri amici e famigli da elevare al
<soglio>. E che c’entra mai l’elettore se quella rappresentanza
parlamentare apparisse degradata oltremisura; non è mica l’elettore che se li è
scelti i deputati.
Ma certo, chi non desidera che un libero parlamento elettivo ritorni, trova molto più utile screditare l’istituzione parlamentare come tale, che non chi se l’è rubata e degradata a proprio uso e consumo senza altrui interventi a selezionare i parlamentari. Anche perché sono proprio questi ultimi che tuttora detengono il <potere>.
Ma
come abbiamo potuto, la stragrande maggioranza di noi stessi italiani ed
italiane, lasciarci derubare dello Stato democratico parlamentare in pratica
senza alcuna nostra visibile apprezzabile opposizione?
Due appaiono essere forse state le cause principali di questa nostra involuzione grave di gestione nazionale che ha potuto attivarsi senza ricorrere ad alcune delle forme usuali di repressione che chiamiamo ovunque dittature con relativa sospensione delle intere garanzie costituzionali.
La prima
delle cause pare risiedere in una ben orchestrata campagna mediatica, svoltesi
a lungo negli anni passati proprio tra di noi, contro la PREFERENZA ELETTORALE.
Un <gruppetto> risultato ben assortito di Oligarchi, politico economico nazionale, ed i loro media prevalenti che controllano, hanno abilmente incanalato contro la Preferenza elettorale la nostra sacrosanta collera di massa per la degenerazione politica e partitica emersa evidente nei primi anni 90 del secolo scorso.
Ci è
stato fatto credere, infatti, che proprio la Preferenza elettorale nella scelta
dei parlamentari - pilastro portante dell’intero nuovo assetto di gestione
democratico parlamentare emerso nella guida degli Stati - fosse la madre di
ogni male corruttivo della nostra nazione. E la spudorata menzogna funzionale
di molti, si è alfine svelata come tale proprio in questi recentissimi nostri
di tempi. I quali tempi si sono incaricati di rivelare come la nostra stessa
nazione italiana, depredata della preferenza elettorale, tuttavia sia proprio in questa
condizione piombata in una corruzione sistemica epocale e corruzione partitica
e politica allucinata nella sua dimensione attuale. Tanto da farne, proprio
della attuale Italia ritrovatasi senza preferenza elettorale, uno dei vertici
nella classifica corruttiva mondiale redatta dalle Organizzazioni internazionali.
Ma per chi aveva bisogno essenziale di liberarsi della preferenza elettorale per sopprimere le conquiste della gestione parlamentare nazionale, questa amarissima riprova sarebbe arrivata troppo tardi perché li potesse intralciare nelle loro mire.
Infatti, con gesto nostro improvvido e imprudente, ormai da molti anni ci avevano già indotto a rinunciare noi stessi – tramite Referendum – al diritto individuale della preferenza elettorale.
E
non possiamo evitare di dover vedere che, a questo punto, noi italiani ed
italiane siamo stati abilmente indotti a fare da soli come l’Esaù biblico:
rinunciare alla primogenitura (elettorale) per il notorio piatto di lenticchie
in cambio. Cioè, niente, in cambio del potere elettorale personale che veniva a
quel modo incautamente da noi stessi rinunciato.
Così
come non merita alcun pregio l’affermazione recente quanto ipocrita di certuni,
all’interno della nostra politica nazionale, che loro avrebbero rimediato alla
soppressione del diritto di preferenza elettorale universale concedendo la condivisione
nel formare le proprie Liste bloccate ai propri iscritti e simpatizzanti
tramite cosiddette <primarie> di partito.
Un rimedio apparente quanto irrilevante che serve solo a provare di nascondere il continuare a voler conservare un Parlamento composto di altrui cooptati e non di eletti.
Le
cosiddette <primarie> per selezionare propri candidati di partito
appaiono di certo una buona cosa per migliorare ai propri aderenti la
partecipazione e la condivisione dentro un eventuale partito o movimento. Ma,
anche fosse con le migliori intenzioni, non possono mai sostituire la garanzia
dell’esercizio costituzionale di un diritto universale.
Tanto per rendere l’idea, se uno di noi non aderisce a quel partito o movimento, e quindi non partecipa alle sue <primarie> ammesso che siano anche serie, si ritrova solo per questo privato del proprio diritto costituzionale di scegliersi liberamente il deputato tramite la propria preferenza elettorale?Ma in questo modo, che facciamo? Torniamo <alla tessera del Fascio> per poter sperare di esercitare un qualche proprio diritto?
I diritti fondamentali di tutti non li assicurano - entro le nazioni - le buone volontà eventuali di qualcuno; ma li garantiscono ovunque, e per tutti, le Costituzioni e le Leggi relative coerenti che ne discendono.Ci sono voluti più di due secoli per vederlo ovunque applicato in Europa e nell’intero mondo democratico. In Italia risultano essere stati sufficienti meno di venti anni per vederlo abrogato. Nella corriva omertà prevalente di Politica attuale e Media nazionali.
Toltaci
dunque con le nostre stesse mani l’arma vitale e lecita di ogni democrazia
elettiva – la preferenza elettorale personale – il resto risulta essere stato
una passeggiata per chi aveva in animo di mutare la natura della gestione
politica italiana.
Infatti, senza preferenza elettorale, ci siamo subito ritrovati, tutti noi italiane ed italiani – con un intero parlamento non più di nostri diretti rappresentanti; ma un parlamento di fiduciari dei capi partito che se li erano scelti tali.
Da
lì, il passo anche successivo di inserire il <premio> smodato nella
legislazione elettorale, e quindi ben capace di consegnare la gestione del
paese alla minoranza d’interessi al momento meglio organizzata e prevalente
sulle altre, si sarebbe rivelato per così dire, una passeggiata.
I capi ordinano, il <parlamento corporativo> dei loro fiduciari esegue: introducendo anche il <premio> smodato nella legislazione elettorale nazionale.
Ed il cerchio, così si chiude.Esce dalla finestra la Democrazia Parlamentare anche italiana, ed entra per la porta il Regime delle minoranze destinate a poter disporre a loro esclusiva discrezione sia della intera gestione statale che delle politiche economico sociali della intera nazione….
L’altra,
di causa, della sostanziale attuale scomparsa del Sistema Parlamentare
Costituzionale all’interno della nostra Italia attuale, pare ci riconduca
ugualmente a riflettere sopra di noi stessi nuovamente.
La
prima domanda che emerge infatti naturale, nel vedere una intera nazione
conciata in modo che solo un Regime apertamente autoritario avrebbe potuto
causare, risulta adesso:
ma come mai la maggioranza di noi popolazione italiana non ha mai reagito efficacemente, e altrettanto risulta non abbiamo mai protestato efficacemente nel mentre ci scoprivamo riprecipitati in un’Italia <pre Statuto Albertino>?
Già,
come mai hanno potuto giocarci, gli interessi ristretti che intanto si facevano
i propri concretissimi affari, in un modo così apertamente plateale quanto
sostanzialmente indisturbato?
Già,
come mai?
Al
riguardo, se vogliamo essere sinceri con noi stessi sino in fondo, pare che
dobbiamo riconoscere una grande abilità in quanti ci hanno giocato come intera
nazione mentre ci disarmavano delle garanzie costituzionali elettorali di
ciascuno senza trovare mai alcuna nostra resistenza efficace.
Si, indubbiamente i Media <proprietari> di entrambi i due schieramenti minoritari che si sono alternati in questi ultimi decenni nella gestione italiana con sostanziali identici rispettivi effetti gestionali, hanno pesato molto. A confonderci le idee, e confonderci la identificazione dei veri autentici avversari della Democrazia Parlamentare Costituzionale nostra italiana.Eppure, i Media tuttora prevalenti, pare che non bastino a dare ragione di un intero popolo, cioè tutti noi, che si vede derubato della stessa essenza della Democrazia – il libero voto individuale che si sceglie in questo modo i deputati – e pure non reagisce in maniera efficace.
Per
darcene una ragionevole spiegazione, di questo amarissimo accaduto e che ci
riguarda pressoché tutti di noi, possiamo
provare a farci un esempio che appare forse
efficace.
Perché non è che ci abbiano costretto con i manganelli ed i blindati
permanentemente sulle strade.
No, la realtà amarissima per quasi tutti di noi, risulta, infatti, che ci siamo autoconsegnati. Alla rendita parassita che si era organizzata per riprendersi in sue sole mani la nostra intera nazione. E le nostre stesse vite italiane.
Facciamo
questo esempio, che pare illuminante sopra la nostra stessa resa?
Facciamolo.
Immaginiamoci
un gruppo organizzatissimo di <rapinatori> che vediamo dare l’assalto ai
caveau della Banca centrale nazionale.
In un via vai frenetico dei rapinatori attorno, nella piazza si va raccogliendo intanto una folla sempre più crescente di spettatori prima curiosi, e poi sempre più perplessi. Al vedere neutralizzare tutti gli allarmi, neutralizzare i metal detector, telecamere, e vigilanza armata dell’edificio. Intanto la folla cresce di numero, riempie la piazza, ed osserva sempre più incredula e perplessa a quel che vede.I <rapinatori>, peraltro freddi quanto efficientissimi, risultano avere solo a quel punto un attimo di comprensibile incertezza; nel vedere quella folla muta, ma oramai straripante, che riempie di sé l’intera enorme piazza, chiude di sé ogni strada d’entrata e d’uscita, e che se ne sta a quel modo muta.<Che farà adesso quella immensa folla?>Prenderà le parti della Banca centrale che sta per venire svaligiata sotto gli occhi di tutti, dal momento che in fondo quelle riserve auree sono anche loro in quanto cittadini del medesimo Stato che sta per venire <derubato>, o se ne infischierà, giungendo finanche a parteggiare per i <rapinatori>?Già, che farà quella folla, cioè di tutti noi?
(immagine/wikipedia.org)Prima di avere una possibile risposta, qualcuno tra i <rapinatori> rivela un’idea geniale quanto spericolata. Sale su una terrazza ai piani alti con alcuni dei sacchi già prelevati dal caveau sfondato. E, d’improvviso, sopra la folla cominciano a piovere, in dosi incessanti, monetine; assieme a banconote di piccolo taglio che il vento sparpaglia qui e là senza un programma….Un attimo soltanto, e la intera folla, si getta come un sol <uomo> sull’imprevista manna piovuta dal cielo; spintoni, calpestii dei più deboli, in una calca selvaggia che lascia a bocca aperta. Tutti a cercare di raccogliere quante più monetine, ad acchiappare ogni banconota che svolazzasse a tiro….
Intanto la fila di tir sui quali doveva essere caricata la riserva aurea dello Stato svaligiata, suona addirittura per farsi largo tra la calca accapigliata. E largo ottiene, E largo ottiene da chi insegue ogni moneta che ruzzola, ed ogni banconota che svolazza…I tir vengono caricati indisturbati, si fanno lentamente largo di nuovo mentre riattraversano la gremitissima piazza, ricevono il passo come già in precedenza. E si lasciano alle spalle una straripante folla intenta addirittura in troppi finanche ad accapigliarsi per sottrarsi, l’un con l’altro, quasi da nemici, le piccole manciate di <tesoro> individuale intanto catturate…
No,
non ricacciamo come indecente l’immagine emersa. Vogliamo finalmente farci tra tutti noi questa benedetta operazione collettiva di VERITA’?
Possiamo
negare che in quella immagine che ci raccapriccia ci siamo alfine pressoché
quasi tutti noi di italiani ed italiane anche attuali?
Possiamo
veramente negarci che, alla fine, siamo proprio pressoché tutti di noi che ci
siamo lasciati derubare sia del potere elettorale, come della <riserva
aurea> della ricchezza comune nazionale, come se non ci riguardasse?
Non possiamo, se vogliamo essere sinceri con noi stessi sino in fondo, e con i nostri stessi ragazzi e ragazze soprattutto.
Perché
la Rendita Parassita nazionale risulta, in fondo, aver fatto la medesima cosa
di quei <rapinatori> apparsi così astuti.
Mentre
saccheggiava solo per sé la ricchezza condivisa della intera nazione - la
nostra ricchezza nazionale di Lavoro e Beni - ha contemporaneamente lanciato,
tra tutti noi italiane ed italiani, coriandoli di <rendita> la più
svariata e prelevata per la bisogna dal Debito pubblico italiano.
Piccole
mance, rispetto al grande <furto> di una nazione intera e della sua
stessa speranza e che avveniva sotto i nostri occhi. Ma noi tutti, pressoché
tutti, non avevamo tempo per accorgersene; né tanto meno avevamo tempo per
reagire.
Piovevano mance apparentemente per tutti; piccole, modeste, insignificanti; ma sufficienti a farci credere che eravamo parte di quell’anomalo prelievo e non invece i veri derubati….Una pensioncina fuori tempo, una invalidità che non si tenga, uno stipendio privilegiato smodato, una piccola evasione non vista, un abuso edilizio pur modesto, un nero piccolo nel fare Lavoro, un piccolo nero nell’incassare denaro….Intanto, mentre raccoglievamo in tanti tante piccole insignificanti mance, proseguiva il via vai di Tir che traslocavano la riserva aurea di Stato… il nostro di Stato.
Possiamo
veramente negarcelo che sia verosimile, ove non addirittura vero?
Possiamo veramente negarcelo che risulta essere stato agevolato, l’imbonimento mediatico assordante, da una sorta di infido <gratta e vinci> di Stato sul pubblico bilancio?
Possiamo negarcelo, a tu per tu con lo specchio di casa, o a tu per tu con gli occhi di un figlio o una nipote, che ci siamo lasciati forse troppo distrarre mentre risulta che ci rubavano uno Stato?
E
perché ci stiamo allora proprio adesso invece risvegliando?
Perché i <rapinatori> della Rendita parassita nazionale si sono rivelati, alfine, sfrontati quanto spericolati.
Hanno
infatti inviato indietro loro rappresentanti - sotto false spoglie e nel
governo appena cessato - a togliere dalle mani di ciascuno di noi pressoché
tutto quanto era stato con tanta fatica personalmente racimolato. Si sono voluti
riprendere anche quei sacchi di piccole monete e banconote con cui ci avevano
prima <distratti>. Hanno frugato nelle tasche di ciascuno persino,
prendendo anche quanto ci tenevamo di legittimo possesso personale; hanno
requisito anche i <gettoni> ottonati dei nostri ragazzi credendoli monete,
hanno fregato persino le bambole alle ragazzine. E certo, che a quel punto, la
intera folla, cioè pressoché tutti noi, gli si è rivoltata contro rovesciando
persino qualche Tir rivelatosi attardato….
E
adesso?
Piangiamo
uno Stato perso, e ci sediamo con il viso tra le mani disperati?
No,
non possiamo. Anche perché non serve a niente.
Ci mobilitiamo, invece. Inseguiamo i <rapinatori> - SEMPRE RIGOROSAMENTE NON VIOLENTI – per riprendergli il mal tolto collettivo trafugato.Ci mobilitiamo per riprenderci il potere elettorale personale pieno, con la preferenza, e senza premi.Ci mobilitiamo tutti assieme, chiunque non sia parassita per mestiere, per riprenderci lo sviluppo della nazione intera condivisa.Per ripartire, verso una nuova lecita SPERANZA di Lavoro equo.
Ma
la priorità attuale è il Lavoro.
Della
legge elettorale ci interessa e non ci interessa. ….Certo, ma verrebbe? Il
Lavoro equo da solo?
Forse proprio questo sarebbe l’ultimo micidiale errore che potremmo regalare ai parassiti: disinteressarci ancora una volta della Legislazione elettorale e del Sistema di gestione Statale che ne viene coerente.
Ricordiamo
cosa fecero i nostri antenati o nonni – anche nostri italiani - per poter trasformare
una nazione intera in maniera efficace? Avevano fame, cercavano la speranza di
un reddito equo da lavoro di cui poter vivere e mangiare e far magiare le
famiglie. Anche loro.
Eppure, a cosa si rivolsero tutti assieme come loro prima battaglia e come loro prima decisiva conquista? Pretesero prima i Parlamenti con deputati che li rappresentassero a tutti in quanto direttamente da loro liberamente scelti votando; da lì, venne naturalmente una gestione condivisa e coerente anche economico sociale della nazione intera.
La
ricordiamo, o la conosciamo la nostra stessa Italia dell’immediato secondo
ultimo dopoguerra?
Una
nazione intera in macerie, affamata, lacera, sconfitta, come prima cura si
dedicò immediatamente, nelle sue Donne ed Uomini di ogni provenienza, a
ripristinare un libero parlamento elettivo che li rappresentasse tutti nei deputati in
quanto da loro stesi tutti prescelti a farlo col libero voto elettivo di
ciascuno.
Erano dunque tutti pazzi i nostri padri o nonni e madri o nonne, a <perdere tempo> dietro il diritto di voto ed il ripristino del libero parlamento nazionale mentre a fatica mangiavano ed erano i più senza lavoro?
Non erano affatto pazzi, non lo erano. Volevano invece tutti assieme poter partecipare alle decisioni e scelte per una intera nazione da ricostruire con urgenza. E, dunque, per prima saggia cosa, si dedicarono a ripristinare l’unico strumento condiviso capace di attuarlo: il libero Parlamento da loro stessi scelto ed eletto. I fatti successivi gli dettero ragione, di quelle loro scelte prioritarie.In poco tempo l’Italia era infatti un unico grande cantiere di ricostruzione e di ricerca di riconciliazione. Fino a proporsi, quella Italia ritornata gestita da un libero Parlamento nazionale vero, come la sesta potenza industriale del pianeta appena fuoriuscita da un cumulo totale di macerie economico e morali.
Occorre
ripartire pare proprio da lì, anche ADESSO per ottenere Lavoro e redditi equi
per tutti, e Servizi essenziali alla madre che lavori, e i diritti essenziali anche
per i figli e figlie.
E
perché occorre ripartire dalla Legislazione elettorale?
Perché avete provato mai ad usare efficacemente un’ascia rimasta però priva di manico, senza prima di rimetterglielo?
Quando
si vuole veramente che una nazione intera cambi, è infatti indispensabile che
chi la vuole cambiare abbia la capacità di farsi direttamente rappresentare nel
proprio Parlamento dai propri deputati liberamente scelti. In tutto il mondo,
sempre da li si parte quando si ripristina una democrazia parlamentare o la si
riconquista.
Per
la semplice ragione che è il Parlamento che poi deve portare il <cambio>
dentro la legislazione ed il governo nazionale. E se un Parlamento non è la
diretta rappresentazione della volontà di cambio dell’elettorato, non si
cambia.
E dal
governo che risulta in carica, cosa possiamo aspettarci ?
Il
governo in carica ha una grandissima concreta occasione di pentimento e di
riconciliazione: mentre cerca di fare quel che può e sa per lenire il dolore di
troppi, restituisca, in poche settimane, intanto immediatamente la legislazione
elettorale che consenta all’Italia di vedersi ritornata a Democrazia
Parlamentare effettiva.
Tolga subito il <premio> e rimetta subito la Preferenza elettorale. La nazione capirebbe che ci si riconcilia dopo anche troppo tempo, e si potrebbe dedicare nel suo intero alla ricostruzione condivisa.E visto che c’è, estenda il dritto di voto sino a sedici anni. Anche ai nostri ragazzi e ragazze dobbiamo infatti chiedere aiuto a rifondare e ricostruire la comune nazione.
Ma
se non lo saprà fare, o se non lo vorrà fare – il governo in carica -
tocca a tutti noi di esigere, apertamente, insieme, con voce Pacifica ma anche sempre più crescente, di riavere immediatamente una Legge elettorale che ci ripristini già così una vera Repubblica Democratica Parlamentare. Facciamolo anche mentre chiediamo LAVORO.
Questa
volta non possiamo infatti più tacere, questa volta non possiamo provare a non
vedere.
DOBBIAMO ESPORCI. E sempre più in tanti. Dobbiamo richiedere di riavere i nostri veri poteri elettorali costituzionali personali. Tanto per iniziare. I Regimi si piegano, e poi si squagliano, sia quelli di ferro come quelli di <gomma>, soltanto quando un intero popolo, Pacifico e Non Violento per scelta senza eccezioni - come già in India, come in Polonia – chiede incessante senza deflettere. Costi quel che costi anche personalmente.Se ci asterremo ancora, se non lo faremo di esporci e di impegnarci personalmente pur nelle forme che ci piaccia, NON AVREMO PIU’ SCUSE. A cercare di credere che qualcuno possa restituirci l’antico benessere condiviso e dignità collettiva, solo perché <ci vuole bene> mentre ci mantiene senza alcun nostro potere costituzionale.
Non avremo più scuse a cercare di credere che la <colpa> sia solo di altri. E che nessuno di noi c’entri mai niente in quel che di negativo ci succede. Lo Stato siamo infatti tutti noi e non altri, solo noi siamo anche Regione, solo noi siamo anche Comune: è tempo di riprenderceli col diritto effettivo costituzionale del voto uguale per tutti.
Il
tempo appare questo. Della grande scelta.
Collettiva ma prima personale.
RIDATECI
IMMEDIATAMENTE lo Stato Costituzionale con Parlamento scelto dall’elettore.
Quanto alla via per ritrovare un benessere condiviso, se non ce l’avrete intanto già riaperta voi dell'attuale governo, ce la riapriremo da soli una volta recuperata una gestione Democratica Parlamentare dello Stato condivisa.
Altrimenti
sarebbero ancora solo chiacchiere. Mentre una intera nazione si spegne.
Ma
chi glielo racconterebbe ai nostri figli e figlie o nipoti, se ci fossimo
scansati anche questa volta dalla collettiva presa di coscienza che ci tocca?
Pacifici, Non Violenti ovunque e senza eccezione; ma inflessibili nelle richieste e nelle testimonianze. Anche se contrastare i Poteri fa male. Da sempre. Ma altrettanto, da sempre, nessuno regala mai niente.
E non lasciamoci deviare da chi possa provare
ad irretirci magari col dirci che i Parlamenti veri fatti di deputati veri scelti
dagli elettori, e le Costituzioni rispettate che ne discendono, e la
partecipazione diretta personale sociale e politica, siano anticaglie superate.
Sostituite da un Web dove decidono poi magari pochi intimi e <amichetti>…
Il
web serve. Molto. Come anche in questo caso si ricorre. Per parlarci, per poter
sapere in tanti. Anche per scegliere assieme quando trasparente e pertinente.
Ma poi ci vogliono i cuori, le mani, il sudore, magari anche le lacrime di tantissime concretissime persone. Cioè nostre. Che si battano, sperino un sogno collettivo positivo. E lo pretendano. Non si scappa. O ci si espone, Pacificamente e Non Violenti, o si perde. Tutti noi. Indistintamente.
Presidente
della Repubblica, magari le parrà strano, ma alla fine di questa pubblica
modesta riflessione, ci si sente di concludere che in Lei ci sia fiducia ben
riposta. Lei non vuole lasciarci, vero, dal suo alto attuale incarico, come
intera nazione ancora risultata in mano alla post democrazia e post
parlamentarismo italiano attuale.
Lei
di certo in cuor suo spera di lasciarci dal suo ruolo vedendoci ritornati una
Democrazia piena in mano ai suoi legittimi elettori che si scelgono liberamente propri parlamentari veri. Una Democrazia che torni a produrre ricchezza assieme a
speranze collettive positive.
Lei, Presidente, ha sempre pubblicamente chiesto di cambiare questa<vergognosa> Legge elettorale vigente; dunque, pare, che pur nella enorme differenza di capacità e ruoli, qualche opinione ci accomuni.
Buon
lavoro Presidente, anche da chi spera che ci si mobiliti tutti – rigorosamente
pacifici e Non Violenti ovunque – per riconquistarci una Democrazia
parlamentare che ci riapra la strada condivisa allo sviluppo equo.
Il
resto tocca a noi tutte e tutti, italiani, e di ogni età. Adesso. A ciascuno di noi la
scelta politica pacifica per farlo, ma nel rifiuto collettivo dell’indifferenza anche personale.
Buona
giornata.
Possiamo facilmente immaginare quale coro di vestali sdegnate si alzi nel sentire anche solo ritenere che la nostra Italia attuale non risulti più, allo stato attuale, una Democrazia Parlamentare reale. Ma un Regime ristretto di oligarchi che si gestiscono il potere a propria discrezione tramite un simulacro di parlamento composto da loro personali fiduciari..Rincresce per gli sdegnati eventuali, ma il primo passo per ogni possibile ricostruzione risulta chiamare per nome quel che pare gli appartiene; a sostegno di una ragionevole opinione.Ma l’Estero ci ammira e ci porta anche ad esempio: si, di possibili <polli> che si fanno scippare una nazione intera senza nemmeno provare di reagire….
Ai
nostri ragazzi e ragazze:
Perché
riavere una Legislazione elettorale costituzionale che riconsegni la scelta
agli elettori risulta anche soprattutto vitale. E fondamentale. E proprio ora?
Avete
mai pensato come vi sentireste, a bordo di un pulman pieno di persone assieme a
voi, e che vedete lanciato a gran velocità verso una rovinosa scarpata scoscesa
sempre più imminente?
E
avete mai provato a pensare come vi sentireste se, sempre a bordo di quel
pulman, cercando di capire cosa aspetti ancora l’autista a riprenderne idoneamente
il controllo, facendovi largo poteste però scoprire che non c’è l’autista più a
bordo, e che…non ce volante dinanzi al sedile dell’autista assente? A scoprire
che quel mezzo di trasporto, pieno di persone ignare, risulta venire
telecomandato dall’esterno?
Quel
pulman risulta essere la nostra, la vostra Italia attuale.
Il <telecomando esterno> risulta un parlamento di cooptati da altri.
Il
volante, da recuperare immediatamente, e prima che sia tardi, risulta il libero
voto elettorale di tutti e che si scelga liberamente i propri deputati.
Fateci
magari un pensiero, sopra.
Ma,
nel farlo, abbiate a mente che i finestrini e le portiere, di
quell’immaginifico pulman pieno di gente, ha i vetri e le portiere bloccate.
Varrà
per caso la pena, da parte di tutti, a provare a reinstallare quel volante che
giace inerte, ed insignificante, davanti alle pedaliere; e varrà per caso la
pena di disinserire, contemporaneamente, il <pilota automatico> in mano
ad altri fuori dal mezzo?
Potete
rifletterci?
Nessun commento:
Posta un commento